Alla scoperta di palazzo de Maffei

Il cuore dell’iniziativa “Immagini per crescere” sarà a Lavis, nel piazzale de Maffei. Si trova nel centro del paese, in via Matteotti, praticamente di fronte al municipio. Sarà lì che il 12 ottobre, alle 17, prenderà il via l’iniziativa con un’inaugurazione aperta a tutta la cittadinanza. Sarà sempre lì che apriranno due mostre: quella organizzata in collaborazione con Sarmede, con due sezioni di illustrazioni per l’infanzia. E poi quella organizzata con lo studio d’arte Andromeda di Trento, dedicata ai boschi del Trentino.

Ma sarà anche l’occasione per riscoprire uno dei palazzi storici di Lavis, rimasto chiuso negli ultimi tempi a causa di alcuni lavori di restauro, che hanno riguardato in particolare il piano terra. In un certo senso, chiunque visiterà le mostre potrà respirare un poco la storia del paese, camminare nelle stesse stanze dove un tempo camminavano nobili uomini, borghesi con lo spirito massone o suore riunite in uno degli ultimi conventi della zona. È una storia piena di fascino e mistero, che in questo articolo cerchiamo di ricostruire.

Un tuffo nel tempo

Per iniziare bisogna quindi riavvolgere le lancette degli orologi, tornare ai tempi in cui Lavis era un piccolo paese contadino, ma con una vocazione pienamente mitelleuropea. Questo paese aveva la particolare caratteristica di essere il primo di area tedesca, a nord del confine con il principato vescovile.

Qui le genti parlavano in realtà perlopiù in italiano, fortemente frammezzato da termini dialettali. Ma c’era la tipica vocazione di una zona di frontiera: dove convivevano le persone umili – la cui realtà si esauriva al piccolo campo da coltivare – e i grandi personaggi delle casate, che si contendevano prestigio e potere. Il paese era pieno di locande, dove venivano ospitati i viaggiatori che si recavano o rientravano dagli stati italiani. Lungo le vie c’era la possibilità di legare i cavalli, per cercare ristoro e un alloggio per la notte.

Al viaggiatore che passava di qui si presentava uno strano contrasto: i grossi casolari popolati da famiglie numerose, spesso molto povere, stavano ai margini del piccolo borgo. Nel centro c’erano invece i grandi palazzi amministrativi o delle famiglie più ricche. Erano delle corti racchiuse da grossi portali, che facevano intravedere i cortili e i giardini in fiore.

In particolare, quella che oggi è conosciuta come via Matteotti, ai tempi era la contrada del Pretorio: la zona ad ovest del paese era diventata il vero centro storico, attorno alla casa vicariale dove si amministrava la giustizia.

La famiglia de Maffei

Oggi occorre un po’ di fantasia per immaginare la Lavis del XV secolo. Ai tempi, gli edifici più importanti erano isolati e circondati dall’orto. Poi, col tempo, si sono ampliati e riavvicinati, formando quel caratteristico disegno che hanno ora. Prima di entrare a palazzo de Maffei, provate a fare un piccolo sforzo di fantasia, guardando come è oggi la via principale del paese. E immaginando come poteva essere ai tempi.

In effetti questo palazzo era allora uno dei più importanti. Veniva chiamato “Casa del Poz” dalla sua caratteristica principale: negli scantinati si trovava il pozzo che riforniva d’acqua questa parte del paese.

Sul finire del XVI secolo la casa fu acquistata da Antonio Maffei, figlio di Maffeo Maffei (non c’era grande originalità nei nomi), proveniente dalla Valtellina. Per anni questo palazzo seguì le sorti sempre più felici della famiglia: fra gli altri, abitò qui Giovanni Giacomo Maffei di Lavis, protomedico e consigliere intimo di Ferdinando III d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, passato alla storia per essere salito al trono durante la Guerra dei Trent’anni e per aver contribuito alla sua conclusione.

Fu proprio Ferdinando III a conferire alla famiglia Maffei il titolo di conti e cavalieri del Sacro Romano Impero.

Massoni e Risorgimento

La famiglia de Maffei si trasferì a Cembra e il palazzo passò infine, nel XVIII secolo, ai conti de Sardagna. Il palazzo che vediamo oggi si deve soprattutto a loro, che contribuirono al rifacimento della facciata e agli stucchi del primo piano, nelle stanze che ospiteranno le mostre di Sarmede.

Durante i lavori, nel 1779, i de Sardagna vendettero il palazzo a Matteo Grazioli per finanziare la carriera militare del figlio. Di qui passò poi – già nel 1899 – ai de Rizzoli de Goldstern di Cavalese, una famiglia che si era arricchita con il commercio del legname. Ferdinando de Rizzoli concluse i lavori al secondo piano (fino ad allora rimasto pressoché spoglio), facendo decorare anche i saloni di questa parte dell’edificio.

Nel periodo delle guerre napoleoniche, quando anche Lavis cambiò più volte sovranità, passando dall’impero austriaco al Regno di Baviera, quindi al Regno d’Italia e infine di nuovo all’impero austriaco, per qualche anno Ferdinando de Rizzoli rivestì il ruolo di sindaco.

È facile immaginare che la sua famiglia sognasse il passaggio di Lavis e del Trentino all’Italia, come capitava a metà Ottocento a diverse famiglie della borghesia trentina. Si capisce anche dalla presenza – al secondo piano di palazzo de Maffei – di alcuni simboli di chiara matrice massonica. È possibile che qui si riunisse una loggia che cospirava, in modo più o meno concreto, per cercare di includere anche il Trentino nel più ampio movimento del Risorgimento italiano.

Come spesso succede, questi movimenti politici si univano alla cultura e all’intrattenimento: al secondo piano c’era una sala della musica, dove nobili e borghesi di Lavis si trovavano a passare le serate. Pure – è facile immaginare – con le otri piene di vino.

Il convento

Eppure la storia a volte è strana: le stesse stanze dove si tenevano i riti massonici furono presto convertite in un convento di suore. Accadde che Gioseffa, figlia di Ferdinando de Rizzolli, ereditò il palazzo. E decise, di concerto con la sorella Emilia e con la nipote Maria, di destinarlo all’educazione delle bambine povere del paese.

Come si legge in un documento del 1885, l’idea di Gioseffa era di «fondare in questo Borgo un Istituto, dove le fanciulle di povera condizione, non obbligate a frequentare le pubbliche scuole, ven(issero) gratuitamente istruite nelle massime della nostra religione, nelle condizioni più indispensabili della vita sociale e nei lavori femminili secondo le regole dell’Istituto delle figlie di Carità Canossiane».

Le suore canossiane rimaranno a Lavis fino al 29 luglio 2001: nelle stesse stanze dove nei prossimi mesi saranno ospitate le mostre di illustrazioni per bambini. È bello pensare che ci sia una sorta di filo rosso che unisce queste storie: il sogno di tante bambine di allora, che a palazzo de Maffei trovavano un posto dove imparare cose nuove. E la fantasia di tanti bambini che in questi giorni guarderanno le illustrazioni, riflettendoci dentro i loro sogni.

L’epilogo

La fine di questo racconto è dunque la storia degli ultimi 23 anni, con il palazzo che è stato infine acquistato dal Comune di Lavis. Nel tempo è stato adeguato per ospitare mostre e altre iniziative culturali.

Come scrivevamo all’inizio di questo articolo, entrandoci dentro oggi c’è ancora la possibilità di respirare la storia del paese. Come se nelle pareti fosse rimasta impressa l’energia lasciata dai nostri avi.

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